Mi rendo conto che come prima riflessione questa possa essere limitata ad un certo numero di simpatizzanti del Partito Democratico di Roma, di iscritti (o ex) e di amici. Ma va comunque fatta.

Il punto della questione è semplice. Sto vedendo in questi giorni, settimane e mesi tante persone che conosco e che stimo abbandonare il Partito Democratico di Roma. Le persone a cui sto scrivendo sono quei volontari della socialità che hanno animato le sezioni del PD con sincerità, che le domeniche mattina le passavano con gli amici a sistemare le aiuole del proprio quartiere, che seguono le Commissioni municipali solo perché hanno interesse nel Bene Comune, che fanno sindacato per passione o che si trovano nella grande e volenterosa rete delle associazionismo romano. Insomma tutti quei cittadini che sono sinceramente impegnati nel migliorare Roma e che sono iscritti e simpatizzanti del Partito Democratico della Capitale. Troppi li definirebbero come degli illusi, io come dei modelli di riferimento e dei cittadini moderni, che sono in grado di fare delle rivoluzioni culturali nelle città. Il problema è che li stiamo perdendo.

Molti potrebbero pensare che il problema alla base degli abbandoni sia Renzi e la sua gestione del Partito e del Governo. Secondo me non è così. E’ vero che molto di quello che viene fatto dal Governo è tema di discussione, ma non è questo il motivo dell’abbandono nave. La maggioranza dei militanti romani, infatti, è iscritta principalmente per sostenere un Cambiamento nel proprio quartiere, nel proprio Municipio e nella propria città. Sposando, ovviamente, l’idea del Partito Democratico, le sue radici e le sue battaglie. Anche in questo momento in cui il Partito Democratico sta cambiando il proprio DNA. Poi per carità c’è anche quanto di negativo è stato descritto dal Rapporto di Fabrizio Barca, ma quello è un altro discorso. Qui si parla della parte sana e volenterosa che sta silenziosamente abbandonando il Partito senza che nessuno, nei vertici, se ne voglia occupare. Temo che alcuni pensino che valga più un sondaggio rispetto alle persone, senza mettere in conto la fase sui generis in cui ci troviamo.

Il punto del problema è un tabù che tutti hanno paura ad analizzare pubblicamente: “il caso Marino“. Si potrebbe riflettere su vari aspetti ma il problema che qui mi interessa non sta nel fatto che Ignazio Marino sia (stato) un bravo sindaco, uno così così o pessimo. Io stesso sono molto critico. Ma il problema sta nel fatto che io proprio non capisco (se sei nuovo del mio blog leggi cosa intendo per “non capisco“: clicca qui) come si pretenda di mandare avanti un Partito che non sa spiegare a sé stesso e ad un pezzo di città perché ha cacciato il sindaco che è stato vincente prima nelle Primarie, poi nelle elezioni comunali ed infine nel ballottaggio, portando a vincere anche in tutti i Municipi (senza ancora avere Renzi Premier-Segretario).

Son stati questi famosi scontrini a far decidere al Commissario romano che l’ora per staccare la spina fosse arrivata? C’è altro che non è stato detto? C’è una questione politica sul fatto che Marino avesse raggiunto un livello tale di inadeguatezza per cui ormai non fosse più sopportabile? O c’è una questione legata alla sostanza, cioè alla gestione e all’idea di città? In realtà non si sa. Perché una discussione nel Partito e nelle strade della città non c’è stata. Da quel che sembra emergere principalmente dai giornali è che il Commissariato PD di Roma si sia mosso per la questione degli scontrini. Il che può essere un superficiale motivo che può diventare boomerang. Spero che qualcuno ai piani alti se ne sia accorto.

E’ ovvio che ognuno di noi ha una idea su come il Sindaco abbia amministrato Roma. Il problema è che non esiste una idea nel merito del Partito – né è stata data la possibilità di averne una – che ha deciso di farlo fuori. Rischiando moltissimo visto che siamo all’ombra del Giubileo, del Maxi-Processo di “Mafia Capitale“, in piena pre-campagna elettorale e con il Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia (che mi preoccupa di più..) in rampa di lancio. E mettendo a rischio anche il Governo nazionale di Matteo Renzi.

Quindi se io fossi un militante che si è sempre impegnato per la città, che pago la mia tessera (quest’anno 30 euro!), che ha visto il proprio Partito romano diviso in correnti impazzite, umiliato con Mafia Capitale, Commissariato con non si sa bene ancora quali risultati, ad oggi suicida dal punto di vista elettorale, con una linea politica profonda come l’ultimo dei grillini-scontrini, perché dovrei rimanere? In realtà dovrebbe essere il Commissario romano a convincere la parte sana del Partito a rimanere, quel che io posso scrivere è che in politica le responsabilità vengono sempre a galla e che c’è ancora tanto da fare, tanto da migliorare, tante (la stragrande maggioranza) persone che vogliono regalarsi alla città facendole del bene. E che quindi rimanere insieme ha più che un senso. Non è per noi stessi che proviamo a migliorare la realtà, ma è per gli altri. Lasciar stare non è mai la strada giusta.

In conclusione mi ha divertito molto, quindi, la provocazione (o così spero) dell’immenso Walter Tocci. Perché penso che si tocchi un nervo scoperto quando ha detto che sarebbe meglio a questo punto “ammettere che è necessario far votare i romani ma decidere di saltare un giro, non presentando il simbolo, lasciando spazio a iniziative civiche, facendo ammenda”. Intanto perché il Partito romano non sta provando a recuperare il tanto terreno perso. A dimostrazione di ciò c’è la petizione su Change.org che ha sfondato il muro delle 50mila sottoscrizioni. Roba che con tutti quei voti si vince o si perde un Municipio o una città. Non si può più far finta di nulla: la città, un pezzo del nostro elettorato, il nostro Partito ha bisogno di spiegazioni e prospettive. E velocemente prima che accada di peggio. Quindi allacciamo le cinture di sicurezza e rimaniamo dove stiamo, per il nostro Partito, per la città e nel rispetto delle proprie idee.

“È nel momento più freddo dell’anno che il pino e il cipresso, ultimi a perdere le foglie, rivelano la loro tenacia”.

Confucio

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